La cellulite, una patologia al femminile: come combatterla?

La cellulite o PEFS (Panniculopatia-Edemato-Fibro-Sclerotica) è una alterazione del tessuto sottocutaneo che affligge una percentuale superiore al 90% delle donne italiane. E’ quindi da considerare una condizione parafisiologica della donna in quanto quasi tutte ne soffrono ed è dovuta sia ad una predisposizione genetica sia alle oscillazioni ormonali tipiche del ciclo ovarico. Questi fattori provocano un accumulo di liquidi negli spazi interstiziali con conseguente compressione del microcircolo ed alterazione anatomo-fisiologica dei capillari che progressivamente perdono l’efficienza di scambio di gas respiratori e metaboliti verso e dalle cellule. E’ quindi una condizione diversa dall’accumulo localizzato di grasso; inoltre non è direttamente correlata al peso, come invece crede la maggioranza della popolazione. L’alimentazione scorretta e una scarsa attività fisica sono concause importanti della cellulite, che non vanno sottovalutate in un approccio globale al problema.

La cellulite è una condizione progressivamente ingravescente nel tempo; non si tratta solo di un inestetismo, ma di un campanello d’allarme che segnala un cattivo funzionamento dell’organismo. Se trascurato può degenerare in insufficienza veno-linfatica degli arti inferiori.

Nelle fasi iniziali (stadio “edematoso”) il sottocute appare teso in quanto imbibito di liquidi, senza particolari irregolarità cutanee e la donna lamenta di soffrire di “gambe pesanti” o “impastate”, fredde, di colorito spesso marezzato. Col passare del tempo si assiste alla formazione di irregolarità cutanee, la cosiddetta “buccia d’arancia”, per la fibrotizzazione dei tessuti e per la retrazione dei setti connettivali presenti normalmente fra i diversi lobuli di grasso sottocutaneo con conseguente affossamento della superficie cutanea che assume un aspetto “a materasso Chesterfield”. Nelle fasi più avanzate dopo anni o decenni si può arrivare alla formazione di noduli fibrosi sottocutanei spesso dolenti spontaneamente e alla palpazione e di difficile soluzione.

La Medicina Estetica da quasi 40 anni si occupa di trattare la cellulite. I trattamenti oggi proposti sono svariati a seconda dello stadio e a seconda del momento fisiopatogenetico su cui si intende intervenire. Tutti gli interventi volti al miglioramento della cellulite sono di natura non chirurgica perchè si prefiggono di modificare una funzionalità alterata e non di apportare un cambiamento anatomico macroscopico (cosa che invece avviene nel trattamento dell’adiposità localizzata dove la tecnica più efficace è rappresentata dalla liposuzione).
La mesoterapia, tra le prime tecniche ideate, consiste nell’inoculazione intradermica di farmaci ad azione locale. A seconda delle circostanze e delle situazioni cliniche differenti e a giudizio dello specialista, si possono utilizzare farmaci ad azione vasotonica o vasoattiva per incidere sul microcircolo, che in verità è sempre in vario grado compromesso, oppure farmaci ad azione lipolitica, per migliorare il metabolismo delle cellule adipose sottocutanee anch’esse sofferenti. Diversi sono invece i trattamenti di intralipoterapia che impiegano farmaci che distruggono le cellule adipose e sono impiegati per ridurre piccoli accumuli localizzati di grasso ma che non incidono sull’aspetto della cellulite. Un’altra tecnica molto efficace è la carbossiterapia, l’infiltrazione sottocutanea di anidride carbonica medicale. L’anidride carbonica è un gas che l’organismo stesso produce a livello cellulare e che viene trasportato legato all’emoglobina ematica ai polmoni dove avviene lo scambio con l’ossigeno durante la respirazione. La sua azione principale è sul sistema circolatorio: agisce sul microcircolo aumentando l’efficienza del flusso arterioso e migliorando il drenaggio veno-linfatico. L’anidride carbonica non determina lo sviluppo di allergie come invece può accadere, anche se raramente, con i farmaci impiegati nella mesoterapia e solamente in caso di forte anemia o insufficienza respiratoria grave ne è controindicato l’utilizzo. Per contro, l’azione sul microcircolo alterato, primum movens della cellulite, è sempre clinicamente apprezzabile con miglioramento immediato della sensazione di gambe pesanti, che si mantiene a lungo ed è seguito nel corso del tempo, da un miglioramento dell’aspetto cutaneo, che diventa più liscio ed omogeneo. Il volume dell’arto si riduce nel suo insieme per riduzione dell’imbibizione tessutale grazie all’azione drenante dei liquidi accumulati e nel lungo termine anche per diminuzione della componente adiposa per un conseguente miglioramento del metabolismo cellulare. Uno dei vantaggi della carbossiterapia rispetto alla mesoterapia è rappresentato dal fatto che il principio attivo è un gas che fluisce nel tessuto sottocutaneo creando un delicato ma apprezzabile scollamento di ampie aree, con conseguente risoluzione delle iniziali fibrosi retraenti, anche per la sua azione meccanica. Inoltre questa ampia diffusibilità consente di limitare il numero delle punture con l’ago con conseguente limitazione di formazione di ecchimosi. Naturalmente per apprezzare risultati clinici oggettivabili dopo mesoterapia e carbossiterapia sono necessarie diverse sedute distanziate di circa una settimana nella fase di attacco e di due settimane nella fase di mantenimento per un totale di circa 8-10 sedute; tuttavia, i primi segni soggettivi di ritrovato benessere vengono riferiti fin dalle prime sedute soprattutto con la carbossiterapia.

Recenti studi preliminari del nostro gruppo stanno dimostrando interessanti benefici della carbossiterapia anche sui disturbi mestruali nella dismenorrea primaria dovuti probabilmente sia all’azione di decompressione e drenaggio dalle strutture pelviche nella fase perimestruale, sia ad una positiva stimolazione di agopunti connessi all’apparato genitale femminile. Per il trattamento degli antiestetici affossamenti cutanei tipici degli stadi più avanzati della cellulite è invece necessario ricorrere a procedure più invasive: si introduce un ago a punta lanceolata nello spazio tra il derma e il sottocute, sede della fibrosi retraente, cercando di spezzare i tenaci microtralci e di far così rilasciare la cute . Recentemente è stata anche introdotta una versione automatizzata di questa tecnica che sembrerebbe risultare meno traumatica, più accurata e gravata da un minor numero di recidive, tuttavia ancora limitata nel suo impiego per l’elevato costo di base della strumentazione monouso necessaria.

Come precedentemente accennato, la prevenzione e la cura della cellulite si affronta a 360°, associando ai trattamento medicali uno stile di vita sano, fatto di alimentazione ricca in verdure e frutta, povera di carboidrati raffinati e sale, abbondante acqua, meglio se oligominerale eliminando bibite zuccherate ed alcolici. L’attività fisica regolare di tipo aerobio, l’eliminazione del fumo e, laddove possibile, della pillola contraccettiva migliorano inoltre l’apporto di ossigeno ai tessuti con riduzione dello stato di imbibizione edematosa del tessuto sottocutaneo.

Dr.ssa Silvia Scevola
Specialista in Chirurgia Plastica
Docente Master in Medicina Estetica e del Benessere
Università degli Studi di Pavia